mercoledì 12 ottobre 2011

Quando i bambini si mangeranno i comunisti !


Prima o poi i bambini si mangeranno le ideologie che innalzano muri, che deportano le idee, che nascondono il dissenso.
I biscottini delle finte rivoluzioni.
Prima o poi i bambini si mangeranno gli inni e le marcette, i dittatori dei tribunali speciali, le idiozie sulle razze.
Le merendine dei politici corrotti.
Prima o poi i bambini si mangeranno le guerre degli altri, i monumenti all’intelligenza ignota, le ipocrisie degli adulti.
Le caramelle dei dogmi.
Prima o poi i bambini si mangeranno i cavalieri e le medaglie, le colonne di Wall Street , le mafie silenziose.
Gli omogeneizzati televisivi.

Bambini, attendo fiducioso la fine del vostro digiuno !

mercoledì 7 settembre 2011

[in un certo senso]


L'opera "doppio senso" in mostra
al 4°incontro nazionale sull'educazione
di Rovereto(TN)
23-25 Settembre 2011

Collettiva a Palazzo Istruzione di Rovereto (TN)
Sabato 24 settembre 2011

mercoledì 24 agosto 2011

che ora è ?


Guardo l’orologio e il fondo della strada, sotto questa pensilina aspetto l’ultimo autobus prima delle vacanze. La città è difficile, quelle facili sono lontane e quindi mi accontento. Tra qualche ora il sospirato relax e niente più stress. Per un pendolare è riposo soprattutto dai mezzi pubblici.
Ebbene si, il vero lavoro, la vera fatica, è prendere per un anno intero un autobus, un treno, un tram. Andiamo in ferie per questo !
Timbriamo, anzi obliteriamo la giornata lavorativa, svolgiamo pubbliche relazioni con chiunque ci capita a tiro e la prima occhiata è alle fermate per vedere chi sale. E non ci accorgiamo di chi scende, magari con un portafoglio non suo.
Dopo aver aspettato la nostra buona ora, ci poniamo sempre la domanda: ma è sciopero? Per poi vederci costretti a prendere un permesso perchè siamo arrivati tardi.
Siamo tutti nelle mani dell’autista quando li tiene sullo sterzo, cerchiamo di non parlagli così si concentra solo sul suo cellulare.
Il numero, dei posti in piedi, indicato nella targhetta alle spalle del conducente non corrisponde mai, siamo sempre di più. Non abbiamo neppure bisogno di sorreggerci agli appositi sostegni, siamo già incastrati bene.
Ogni giorno costretti al mobbing del viaggio... Che ora è ?
Guardo la sveglia, tra pochi secondi suonerà, alle sei in punto. Servirà aprire gli occhi sul mondo così presto ? Una grande crisi di orari e di mezzi si è abbattuta sui lavoratori viaggiatori.
Quante ore della nostra vita trascorse in attesa, vicino alla palina della fermata o su una banchina di una stazione ferroviaria.
Pronti a ricominciare, si torna al lavoro..., un autobus, una metropolitana, un treno, il fine non sempre giustifica il mezzo. Pronti ad “aspettare” di nuovo...

martedì 2 agosto 2011

[caso-mai]



Quando il black & decker disorientò i fratelli Durbè e
il critico d’arte Argan, la cosa non mi colpì più di tanto.
Si sbagliarono sulle teste scolpite da Modigliani.
All’accaduto ci misero una pietra sopra, anzi tre.

Quando entrai in una famosa galleria d’arte
per parlare con il gallerista, il traforo era lungo,
la distanza tra noi era enorme.
Lui mi evitò con una scusa, era disorientato
eppure non avevo niente da mostrargli, nemmeno
una testa fatta con un trapano qualsiasi.
Mi resi conto che non voleva parlare con me,
non voleva perdere tempo con uno sconosciuto.
La cosa non mi colpì più di tanto.
All’accaduto ci misi un cartone sopra e andai via.
L’ignaro mercante non avrebbe mai saputo
che mi mandava Andy Wharol …

mercoledì 27 luglio 2011

il nome dell'arte è nessuno


Esterno giorno, biennale di Venezia, polemiche quanto basta, artisti che si rifiutano di partecipare, i soliti inviti, i volti noti degli impiegati della comunicazione.
Voci, accordi e disaccordi, urla beduine, sciami di allegorie, è l’arte di oggi ? Il prode Achille dice che esistono artisti e artieri, ma chi erano quelli che “transaguardavano” avanti, erano loro che portavano linfa nuova ? Se l’arte contemporanea è Cattelan (un nome a caso) allora perché si continuano a tenere in piedi le accademie ? Se l’arte è il concetto, chiunque ha un’idea è un artista.

Avete mai visto un grande musicista che non conosce la musica ? Che non ha mai letto una nota sul pentagramma ? Però aveva un motivetto che gli girava nella testa.
Avete mai incontrato un grande scrittore che non conosce la grammatica ? Che non ha mai letto un libro ? Però da piccolo giocava con le letterine magnetiche.

Interno notte, nei salotti coordinati ci sono loro, gli scopritori di talenti, i mercanti dell’arte, quelli che riempiono i mercatini rionali come fossero gallerie. Quelli che creano i personaggi, quelli che misurano le distanze tra i vari interpreti.
Insieme a loro, i critici. Sulle poltrone in prima fila, i campioni dell’eloquenza, i metereologi delle teorie, gli addomesticatori di riflessioni, gli scrivani a pagamento, quelli che ci spiegano e ci piegano al bello. Tutti conoscono l’arte ma “nessuno” la frequenta.

Nessuno conosce il loro nome, che grande invenzione Omero, un vero artista. Nessuno conosce chi per una vita ha cercato il colore mai dipinto, il pezzo di marmo scolpito in un movimento unico, l’incisione certosina della perfezione, stampata nella memoria. Nessuna biennale li ha mai conosciuti, vivono da comuni mortali nel quotidiano, con le mani che raccontano il loro lavoro. La loro storia si consuma tra la gente comune che li vede come piccole imperfezioni di questo mondo.

mercoledì 13 luglio 2011

L'espresso


Pausa... Calda acqua, abbondante miscela, ti offri tosto, il naso partecipa, il gusto posticipa quel dolce momento, d'inflessibile lentezza. Pausa...

mercoledì 15 giugno 2011

giovedì 9 giugno 2011

giovedì 26 maggio 2011

Concorsi di colpa !


L’unica colpa è partecipare. Partecipare ai concorsi con le giurie qualificate non conviene. Queste hanno un difetto, sono troppo “imparziali”, troppo insindacabili ! Quale criterio di giudizio universale, quali centimetri di valutazione adottano?
Qualche tempo fa una vignetta sul tema “Le olimpiadi in Cina”, sfuggita al self control, così rappresentava le gare olimpiche: il fusto di un cannone con appesa una medaglia d’oro. Di fronte un atleta, che ricordava il giovane di piazza Tienanmen davanti al carro armato, un lanciatore di giavellotto, sconsolato dalla lotta impari.
Non ammessa diceva la lettera di accompagnamento. E allora? Oscena visione. La parola magica “censura”.
E’ tornata a casa sconsolata, voleva dare un messaggio “olimpico” di pace, voleva rappresentare la libertà dei popoli contro tutte le ipocrisie, contro tutti i soprusi, ha preso una sua posizione autonoma. Ha trovato sulla sua strada, una giuria che sotto l’effetto di sedativi, propendeva per una sana e tranquilla satira addomesticata. L’organizzazione non è stata capace di stare alla larga dal potere costituito, dagli sponsor che hanno guidato le loro scelte.

La satira è ironia, è dissacrazione, e purtroppo prende di mira i potenti e i prepotenti di turno. Esalta i difetti e mostra il vero volto dei regimi, qualunque essi siano. La satira interpreta, deforma, interviene dove c’è bisogno di alterare la realtà creandone un’altra che, per dispiacere di qualcuno diventa nuda e cruda verità.
I veri concorsi di satira non si scandalizzano, non reprimono le opinioni che non offendono nessuno, non banalizzano i temi proposti. I verdetti dei miei “concorsi di colpa” mi dicono di lasciarli perdere e dedicarmi solo a proposte di taglio e cucito, al massimo optare per il ricamo...

L’importante non è vincere ma perdere con dignità.

centrali di cartone...



mercoledì 18 maggio 2011

150x150x150

a cura di Mario Piazza – docente al Politecnico di Milano – in collaborazione con AIAP.
Una mostra – evento per festeggiare i 150 anni della Repubblica Italiana. Centocinquanta grafici ed illustratori, famosi ed emergenti, giovani ed affermati, scrivono, disegnano, compongono, illustrano, montano un loro personale “150” per rendere visibile la loro idea dell’Unità d’Italia.
Quindi 150 modi di scrivere 150 per dire in 150 modi diversi Repubblica Italiana.

insieme a Michaela Menestrina Merseburger e Francesco Del Zompo, il nostro 150, a me è toccato lo zero.

venerdì 29 aprile 2011

uait... le foto


Uorld in Uait

Una volta era un’isola, forse lo è ancora. Sicuramente è stato un sogno. Per qualche benpensante: un incubo.
Poi si è trasformato in lutto dalle parti del Giappone, nel lenzuolo della vergine da macchiare, nel "tutti i colori insieme" dell’arcobaleno.
Il bianco, o il "Uait", si sa, si sporca solo con lo sguardo. Basta osservarlo un momento e si possono vedere le ombre indiscrete del curioso che l’attraversano violandolo. È un po’ il colore dell’abito da sposa che mutua dal giglio il candore dell’attesa. Per Giuseppe Piscopo il "Uait" parte da un foglio accartocciato a formare una pallottola che magari fossero tutte così: innocue. Quelle vere feriscono e uccidono, queste tutt’al più accarezzano e diventano un percorso d’arte, le briciole di Pollicino, la dannazione di Hemingway, le tracce del passaggio di Pasolini.
C’è tutto un "Uait" intorno.
Sembrano le parole di una canzone se non fosse l’ennesimo volo di un artista che tende a mostrare la realtà con l’uso di simboli e oggetti quotidiani che si trasformano in icone. È il desktop che si riempie di percorsi abbreviati, di clic che azionano bit, di mani che, nervose, inseguono il topolino in fuga. E se anche l’ombrello si tinge di "Uait" è chiaro che il messaggio non può che essere un altro, fino a volare alto lassù dov’è possibile sognare. I fantasmi sono bianchi, un po’ come gli ectoplasmi e le figure immerse nella nebbia, veri stacchi esistenziali di cuori in subbuglio.
E bianchi sono gli occhi dei moribondi quando si riempiono delle ultime lacrime prima di chiudersi. Il bianco non snellisce però esemplifica, rende tutti uguali a se stessi perché si porta dentro i colori del mondo e ogni possibile caratteristica umana.
Bianco è il regno delle favole e bianchi sono i palazzi costruiti con il marmo e smaltati di fresco, quelli del potere, poi, sono bianchissimi pur non mutuando il colore né dall’abito della sposa né dal candido vergineo del lenzuolo.
Si accoppia con il ferro a formare il duo Sorrentino/Piscopo fino a comporre il "vomito volgare" dei corpi prima e dopo un riempimento che diventa esperimento di assenze.
La bocca è bianca e lo è la macchina da scrivere, l’oggetto-feticcio che accompagna Piscopo nelle sue performance, e lo sono i "minerva" e, chissà perché, le maniche di un gallerista che coprono braccia e mani pronte a graffiare.
Chi segue Piscopo dagli inizi non può non rendersi conto della crescita di un artista che guarda le cose della vita con gli occhi di un bambino e il cuore puro di chi non accetta compromessi. È un "white" nel Uait", che una volta era un’isola e oggi, magari, è una speranza.
Massimo Consorti Direttore di UT

sabato 2 aprile 2011

domenica 27 marzo 2011

Sono geloso !


Chi non ricorda il famoso giradischi degli anni 50 della nota azienda Geloso ? Con questa piccola opera ho partecipato alla mostra "Cambia Disco" a cura dell'associazione Siviera di Marisa Cortese che si è tenuta a Villa Giulia sulle rive del lago Maggiore a Verbania. La nuova tecnologia, il CD, sul piatto di un giradischi per vinile. La gelosia lascia il segno (rosso) per una graffiante nostalgia della nostra storia trascorsa...

domenica 27 febbraio 2011

Aurora Caliendo - Gocce di terra

Un articolo di una persona che ha visitato la mia mostra
e che ho letto con sorpresa e piacere allo stesso tempo...
In giro per nostra fortuna ci sono ancora persone sensibili !

Presso la sede del forum universale delle culture, ex asilo Filangieri di Napoli, in esposizione l’installazione di Giuseppe Piscopo, AgnusDei. Quando la riflessione solca le coscienze.

GOCCE DI TERRA
Sono le 18.00 in punto, si entra in quello che è stato un tempo il refettorio di un medievale convento, poi ricovero, luogo di accoglienza, spazio di preghiera. Le luci sono spente, prendono lentamente colore e diffondono calore nell’ampia area che ci avvolge. Lo spettacolo imprevisto dà piacere, reca attesa mista alla curiosità di immergersi in una nuova dimensione esplorativa. È un colpo per le nostre memorie la visione dell’installazione che Giuseppe Piscopo, artista partenopeo, ha creato presso la sede del forum universale delle culture. Antica è oramai per i nostri occhi la plasticità di un aratro, vecchio arnese che per secoli ha regolato il ciclo della vita nei campi, aiutando la terra a produrre frutti che hanno sostentato. Ancora più anacronistica appare la prospettiva che conduce ad una macchina da scrivere con tasti saltati, oggetto d’arredo radical chic ( la Lettera 32 ), sopito ricordo di un’arma-comunicativa di chi non amava avere “padroni”. Seppur di umili oggetti parliamo, hanno, comunque, tracciato il filone delle rivoluzioni culturali. Quale la forza di un aratro, così l’energico pigiare sui tasti, hanno segnato il grado dell’intelligente coscienza umana, marcando lo scorrere della storia, intrecciando le braccia e la mente. La terra va ancora smossa, c’è qualcosa che sale, bisogna scavare, scosse telluriche far assestare… sgorga qualcosa: lacrime di sangue miste a candida inconsapevolezza. Lettere fluttuanti che non smettono di volersi comporre al fine di continuare a raccontare, scrivere, stampare una storia che sia la nostra, gelosa custode di ciò che pensiamo. Vocali universali non si abbattono e segnano il tempo del dire in modo imperituro. Si leva lo sguardo, una canottiera, operaia, gronda sangue: “il corpo, ecco una terra non ancora colonizzata dal potere”. L’Agnus dei, il sacrificio che stiamo immolando sull’altare è quello delle nostre frasi composte. Nessuno riesce più a gridare, nessuno sa scrivere, scuotere, arare. Ma la nostra storia è piena di castelli di cartone che possono crollare o volare a seconda del peso specifico che gli vogliamo donare. Libero è il pensiero? Solo con la morte, no! Io so, ma non ho le prove… E allora anche con pochi tasti si può urlare. Oltre il simbolo, oltre l’esempio: Pier Paolo e Indro sono essenza reale, sostanza che non può svanire. Bianca è la nostra terra, come se tutto fosse stato cancellato, ma l’aratro è passato e la terra ha solcato, dando vita a nuovi frutti che nutrono, questa volta, i nostri pensieri e non il nostro corpo. Le immagini si susseguono, l’arte continua ad essere generatrice di critica, dubbi e speranze. L’aratro dà la vita e noi impariamo a succhiare dalle sue viscere tutto ciò che ci consente di andare avanti. L’aratro dona l’arte in una consonanza che supera l’aspetto formale. Il cartone è materiale umile, come gli oggetti che rappresenta perché è dal basso, dalla terra che nascono le cose più vere ed è con questo elemento che ci ricongiungiamo una volta che non siamo. Nel mezzo un’apertura, spiraglio degli echi di una cultura che non si rassegna all’assordante silenzio che la circonda. Gocce di terra rimangono impresse nei nostri sguardi… le pagine bianche sono tutte da riempire! 

Aurora Caliendo
Napoli, Ex Asilo Filangieri, martedì 22 febbraio 2011