mercoledì 24 agosto 2011

che ora è ?


Guardo l’orologio e il fondo della strada, sotto questa pensilina aspetto l’ultimo autobus prima delle vacanze. La città è difficile, quelle facili sono lontane e quindi mi accontento. Tra qualche ora il sospirato relax e niente più stress. Per un pendolare è riposo soprattutto dai mezzi pubblici.
Ebbene si, il vero lavoro, la vera fatica, è prendere per un anno intero un autobus, un treno, un tram. Andiamo in ferie per questo !
Timbriamo, anzi obliteriamo la giornata lavorativa, svolgiamo pubbliche relazioni con chiunque ci capita a tiro e la prima occhiata è alle fermate per vedere chi sale. E non ci accorgiamo di chi scende, magari con un portafoglio non suo.
Dopo aver aspettato la nostra buona ora, ci poniamo sempre la domanda: ma è sciopero? Per poi vederci costretti a prendere un permesso perchè siamo arrivati tardi.
Siamo tutti nelle mani dell’autista quando li tiene sullo sterzo, cerchiamo di non parlagli così si concentra solo sul suo cellulare.
Il numero, dei posti in piedi, indicato nella targhetta alle spalle del conducente non corrisponde mai, siamo sempre di più. Non abbiamo neppure bisogno di sorreggerci agli appositi sostegni, siamo già incastrati bene.
Ogni giorno costretti al mobbing del viaggio... Che ora è ?
Guardo la sveglia, tra pochi secondi suonerà, alle sei in punto. Servirà aprire gli occhi sul mondo così presto ? Una grande crisi di orari e di mezzi si è abbattuta sui lavoratori viaggiatori.
Quante ore della nostra vita trascorse in attesa, vicino alla palina della fermata o su una banchina di una stazione ferroviaria.
Pronti a ricominciare, si torna al lavoro..., un autobus, una metropolitana, un treno, il fine non sempre giustifica il mezzo. Pronti ad “aspettare” di nuovo...

martedì 2 agosto 2011

[caso-mai]



Quando il black & decker disorientò i fratelli Durbè e
il critico d’arte Argan, la cosa non mi colpì più di tanto.
Si sbagliarono sulle teste scolpite da Modigliani.
All’accaduto ci misero una pietra sopra, anzi tre.

Quando entrai in una famosa galleria d’arte
per parlare con il gallerista, il traforo era lungo,
la distanza tra noi era enorme.
Lui mi evitò con una scusa, era disorientato
eppure non avevo niente da mostrargli, nemmeno
una testa fatta con un trapano qualsiasi.
Mi resi conto che non voleva parlare con me,
non voleva perdere tempo con uno sconosciuto.
La cosa non mi colpì più di tanto.
All’accaduto ci misi un cartone sopra e andai via.
L’ignaro mercante non avrebbe mai saputo
che mi mandava Andy Wharol …