venerdì 8 gennaio 2016

vasi comunicanti 2

Libiam parole
Versami un calice di buon vino e insieme mescola parole. 
Tanti calici, tanto vino, tantissime frasi e la voglia unica di emozionarmi inebriandomi di concetti. E tanti ne versi e più ne bevo perché ho il bisogno folle di sentirmi la pelle vibrare e il cervello interagire, in un mix che sa di buono e di nuovo, di originale e di trasgressivo. Giuseppe Piscopo, maestro nell'uso del cartone, ci offre dell'ebbrezza una visione che accomuna liquidi e solidi in un continuo travasamento di concetti e di creazioni linguistiche che confluiscono in un unico contenitore. Quella bottiglia, bella da lacrime agli occhi, è molto più di un vetro da riempire. Dal nulla interno che la contraddistingue all'origine, diventa sempre di più un insieme di pensieri che fluttuano nell'aria e nell'acqua, nel cuore e nell'anima, su per il naso e giù fino alla gola. Diventa gorgoglio di frasi con un senso, bolle di sapone di pensieri in libertà, occhi di vetro fissi sulla realtà nella quale le mani portano alla bocca il sapere. Nessun vaso comunicante, ma lo scorrere di tanti contenitori che diventano diversità. Si parte dall'uno e si arriva al tutto di un pensiero mai unico, così come dovrebbe essere il dialogo figlio del rispetto. Si parte dall'uno e si arriva all'insieme di esperienze diverse che si confondono in una frase, in un concetto, in un modo personale di essere sé stessi insieme agli altri. Bianco è il vetro e domina su un fondo che sembra fatto di foglie di vite. Una vigna di Noè che risveglia sensazioni sopite e rende agili le gambe intorpidite dalle soste. L'opera di Giuseppe Piscopo è viva, incoraggia all'azione facendo sentire il suono del liquido che scende lento da un bicchiere all'altro fino all'ideale bottiglia che disegna la libertà. Un ruscello di parole che si trasforma in torrente perché le parole sono la piena della nostra intelligenza, il fluire lento del pensiero e mai acqua cheta che mina i ponti. L'opera è la voglia di esserci sempre e comunque, ma con intelligenza e umiltà.

La nota di Massimo Consorti per vasi comunicanti