sabato 16 settembre 2017

EAT














Gli artisti non sono mai a dieta, ogni tanto presi dallo sconforto si inventano qualcosa per far discutere. Questo è il caso di “eat”! Una metafora sui comportamenti umani, i suoi condizionamenti, sulle modifiche dell’ambiente e sull’alimentazione.
Il cibo si produce, si prepara, si consuma. È la nostra storia, la nostra crescita. Oldenburg nella sua ricerca si soffermava sul consumismo della società americana degli anni 60. Realizzava hot-dog, gelati, dolciumi che nessuno si sarebbe sognato mai di mangiare. La nostra scuola è diventata come un McDonald’s. Siamo consumatori e come tali cresciamo tra ogm, mucche pazze, frittate agli idrocarburi, vino al metanolo, acqua al piombo. I nostri cibi innaturali sono prodotti grazie all’intervento (dis)umano e ora “vivono” sulle nostre tavole. Questi lavori sono stati realizzati senza seguire una ricetta particolare con ingredienti biologici come la carta e il cartone. Non cercano risposte ma si pongono qualche domanda sul nostro digiuno culturale. Non si vive di solo pane, disse qualcuno. Ma noi siamo felici lo stesso. L’effetto globalizzazione interessa tutti noi, le emigrazioni sono una conseguenza dell’egoismo dei mercati e dei mercanti che con una buona dose di ipocrisia hanno rimesso in gioco le guerre per la sopravvivenza. La mente oggi si alimenta di tutto questo e non riesce più a distinguere il bene dal male. Anche l’arte vive le sue sofisticazioni concettuali. Si consuma e a volte non si digerisce. Spero che questa esposizione che dura solo poche ore, molto “fast”, non rimanga sullo stomaco dello spettatore ma nella sua anima... allora buon appetito, anzi buona visione.

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